Iole Carollo
Iole Carollo è specializzata nel fotografare reperti archeologici, opere d’arte e allestimenti museali ed espositivi. Dopo la laurea in Conservazione dei Beni Culturali e la specializzazione in Archeologia Minoica e Micenea a Lecce, si avvicina alla fotografia seguendo corsi e frequentando workshop fotografici e di postproduzione con autori del panorama nazionale e internazionale.
Collabora alla realizzazione di campagne di comunicazione per enti pubblici e privati; realizza fotografie per i cataloghi di mostre di artisti contemporanei nazionali e internazionali e per pubblicazioni scientifiche del settore archeologico.
Nel 2021, ha autopubblicato Out of Africa a cura di Benedetta Donato, e ha realizzato Archeologia del Futuro, a cura di Cristina Costanzo. Nel corso dello stesso anno, è stata selezionata dall’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) per documentare il patrimonio culturale del Sud Italia, all’interno del progetto PON Itinerari Digitali.
Sue fotografie sono state pubblicate su riviste e quotidiani e riviste scientifiche e sono presenti in collezioni private in Italia e istituzioni museali.
All’interno di Église, Iole è la project manager, la responsabile dei rapporti esterni e del coordinamento delle attività, tutoring.
Per contattarla, scrivi a iole@egliseart.com
www.iolandacarollo.com
Su instagram, @iole_carollo
Libri d’artista | Zines
2024
• Nello specchio della luna si pettinano fanciulle col petto di arance. S.Q.
2021
• Out of Africa, a cura di Benedetta Donato
• Archeologia del futuro, a cura di Cristina Costanzo, parte del progetto Visioni Oblique.
2020
• Contaminazione, per Quartino project, a cura di Giuseppe Mendolia Calella.
• Ma vuoto, per Square Project, a cura di Balloon Project.
![Ruralità in transizione, Iole Carollo](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2023/12/RiT_06A7723_IC_2023-683x1024.jpg)
RURALITÀ IN TRANSIZIONE.
Riflessioni sulla crisi climatica attraverso
i borghi rurali siciliani
Il progetto fotografico si propone di esplorare i borghi rurali siciliani, in particolare quelli realizzati tra gli anni Venti e gli anni Quaranta del secolo scorso, dapprima con la realizzazione dei Villaggi operai e delle Case Coloniche da parte dell’allora Ministero delle Opere Pubbliche e poi dall’Ente per la Colonizzazione del Latifondo Siciliano (ECLS, 1940), a seguito di una riforma agraria mai portata termine, e quelli costruiti dall’Ente per la Riforma Agraria in Sicilia (ERAS, 1950).
L’obiettivo è suscitare riflessioni sulle dinamiche di ruralizzazione, cementificazione e la loro interconnessione con la crisi climatica attuale. La fotografia, affiancata dal ricorso a materiale di archivio (documenti, immagini d’epoca), sarà impiegata per documentare i segni storici e le tracce delle politiche di sviluppo fasciste, così come degli interventi di ri/costruzione e riqualificazione successivi, offrendo un contesto storico utile alla comprensione dell’evoluzione dei borghi rurali nel corso del tempo, compresa l’analisi del territorio circostante. Attraverso la documentazione visiva, quindi il progetto mira a stimolare una riflessione più ampia sull’identità rurale, superando gli stereotipi e abbracciando le influenze provenienti da diverse culture e luoghi.
La ruralità diventa luogo di sperimentazione, innovazione e resilienza, in cui le comunità locali possono offrire soluzioni innovative e modelli alternativi di sviluppo orientati alla salvaguardia dell’ambiente e alla lotta contro i cambiamenti climatici, resi più veloci e incisivi dalle azioni antropiche.
“Ruralità in transizione” cerca di avviare un dialogo visivo che inviti a riflettere sulle sfide e sulle potenzialità delle comunità rurali in un contesto di crisi climatica, incoraggiando una maggiore consapevolezza e azione per un futuro più equo, resiliente e sostenibile.
Il progetto in corso, sarà sviluppato con i Vacuamoenia.
2023 / pubblicazione | Sguardi contemporanei 2023 | edito da Fotografia dell’Architettura
OUT OF AFRICA
Out ofAfrica è una ricerca fotografica sul fenomeno della migrazione umana, che caratterizza in maniera fondamentale la storia dell’umanità. Il progetto, iniziato nel 2016, è un ideale viaggio nella storia dell’uomo, a partire dagli albori delle prime manifestazioni che testimoniano il cammino via terra fino ad arrivare ai giorni nostri, in ambiti come: la geografia umana e la geopolitica, l’archeologia e l’antropologia.
Lo scopo di questo lavoro è offrire una visione sulla complessità della migrazione, nel tentativo di trasmetterlo come caratteristica peculiare, positiva e necessaria per la nostra sopravvivenza, offrendo una chiave di lettura inedita che vada oltre i pregiudizi e gli stereotipi sullo straniero, l’invasore e le paure solitamente a questa figura associate.
Tentare di ostacolare i percorsi dell’uomo via terra e via mare vorrebbe dire arrestare il processo di evoluzione fisica, culturale, sociale e tecnologica attuatosi fino ad oggi.
Nel 2021 è diventato un libro, curato da Benedetta Donato.
![](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2021/11/©-Iole-Carollo-Out-Of-Africa-2021_lr_12-682x1024.jpg)
![](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2021/10/┬®-Iole-Carollo-Out-Of-Africa-2021_02lr-300x207.jpg)
![](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2021/10/┬®-Iole-Carollo-Out-Of-Africa-2021_03lr-300x200.jpg)
ARCHEOLOGIA DEL FUTURO
a cura di Cristina Costanzo | Progetto fotografico realizzato per il progetto collettivo Visioni Oblique. Libri d’artista, libri oggetto, fototesti per il Belìce, a cura di Cristina Costanzo.
L’indagine in forma di fototesto che Iole Carollo dedica alla Valle del Belìce si radica con forza nella sua ricerca artistica per svariate ragioni, che vanno dai motivi di studio all’interesse per i paesaggi e le archeologie di quei luoghi. Archeologia del futuro è un itinerario battuto con l’approccio scientifico della studiosa, gli strumenti dell’archeologo, il medium della fotografia e lo sguardo dell’artista; il punctum è la traccia di quello che è andato distrutto ma non abbiamo perduto. […] Archeologia del futuro di Iole Carollo è un omaggio anticonvenzionale alle autrici e agli autori che hanno combattuto l’oblio provocato dalla distruzione con il continuo dialogo tra passato e futuro ma è anche l’espressione che rende al meglio l’urgenza contemporanea di mantenere legami antichi e stringerne di nuovi coniugando — forse inconsapevolmente per l’artista — vocazioni quali l’archeologia, la fotografia e il contemporaneo. […]
Archeologia del futuro prende dunque le mosse da una ricognizione archeologica tra la Rocca di Entella e Gibellina. Questo percorso evoca con grande sensibilità le fasi iniziali di uno scavo come una mappatura paesaggistico-sentimentale dell’area tra Palermo e Sciacca, comprendente Poggioreale nuova, Salaparuta vecchia, Monte Finestrelle, Santa Ninfa e segnata dal fiume Belìce, che si snoda tra le città vecchie e nuove della Valle, metafora di una condizione esistenziale capace di travalicare tempi e confini. I testi selezionati dall’artista includono Guy de Maupassant e Parrinello, Guidoboni e Sciascia e offrono una panoramica multidisciplinare su questi temi complessi formando un insieme composito di voci sulla disfatta dovuta alle catastrofi naturali e alle guerre. Nel suo viaggio l’artista è mossa dalla volontà di trattare come un reperto sia il vecchio sia il nuovo e di proporre un’inedita toponomastica dei luoghi in cui non trovano spazio parole come “guerra”, “sisma” e “terremoto”. La scelta di cancellare i toponimi corrisponde infatti al disegno dell’autrice di accorciare le distanze cronologiche fra luoghi geograficamente vicini nonché affini per il destino analogo che li ha accomunati a distanza di secoli. Attraverso schedature puntuali e ricerche d’archivio meticolose, Iole Carollo dedica ampio spazio alle opere ambientali contemporanee ponendole a confronto con i reperti provenienti da Entella. Ne scaturisce una ricognizione inusuale, in cui si alternano la lettura delle opere antiche e la lettura di quelle del XX secolo ma anche lo studio, tradotto in fotografia, dei più disparati reperti contemporanei rinvenuti in superficie dalla nostra artista/archeologa/fotografa. Nella cultura visuale di Iole Carollo l’archivio non si impone soltanto come approccio metodologico di ricerca ma anche come fonte di immagini (fotografie d’epoca, cartoline, ritagli di giornale), capace di orientare la visione dell’artista verso scoperte sempre nuove. C’è spazio per le cronache del tempo passato (i reperti archeologici) e di quello futuro (i flussi migratori e le manifestazioni di protesta ma anche gli atti di solidarietà), che sembrano quasi affiancarsi in questo confronto tra realtà emblematiche della dialettica utopia/distopia.
In nome delle manifestazioni di solidarietà registratesi in seguito alle sfortunate vicende di Entella e Gibellina convivono, per esempio, le narrazioni delle tavolette bronzee note come Decreti di Entella (oggi al Museo Salinas) e gli appelli di Danilo Dolci. Grazie a Iole Carollo l’opera di Mirko collocata nel Nuovo Cimitero di Gibellina, una riproduzione del Sarcofago degli Sposi del Museo etrusco di Villa Giulia a Roma, dialoga idealmente con la Necropoli di Entella; Gibellina con il suo approccio scenografico urbano e il Teatro di Consagra evoca il teatro menzionato dai Decreti di Entella; le smisurate piazze della città nuova richiamano l’agorà antica; il materiale tradizionale della ceramica, traccia di un culto ctonio, rivive negli interventi di Ignazio Moncada ma anche di Carla Accardi e, ancora, la migrazione emerge come condanna di tutte le epoche e monito per l’attualità.
Iole Carollo unisce foto e testi sulle possibilità di sopravvivenza alla distruzione, opere antiche e opere nuove, azioni e pensieri di uomini e donne di tutti i tempi e interviene sulle immagini facendo risaltare i dettagli, come le baracche e le rose calpestate, che meritano di uscire dall’anonimato. L’artista scava nella memoria creando relazioni e rendendo visibile ciò che ha cessato di esserlo per connettere, ancora una volta, archeologia e futuro.
[dal testo di Cristina Costanzo]
![Iole Carollo, Archeologia del Futuro](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2023/12/ICarollo_Eglise_VisioniOblique_34-1024x683.jpg)
![Iole Carollo, Archeologia del Futuro](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2022/05/Diga-Mario-Francese.-Ph.-Iole-Carollo-1024x683.jpg)
![](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2022/05/MG_6305-1024x683.jpg)
![](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2022/05/IC_ArcheologiaDelFuturo_2021_101-1024x683.jpg)
![Iole Carollo, Portraits](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2023/12/MG_8685-2-1024x682.jpg)
![](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2024/01/Immagine-2024-01-12-203814.jpg)
I reperti sono conservati presso il Museo Archeologico “Antonino Salinas” di Palermo
PORTRAITS
L’esercizio formale del ritratto ha trovato sempre due connotazioni specifiche. La prima collettiva spesso nell’ambito della memoria o del potere, raccordando la dimensione pubblica con la persona che la incarna o la incontra, fino ad arrivare al culto della personalità. La seconda dimensione invece è prettamente intima, ha un movimento opposto alla prima, perché da una individualità proietta una molteplicità, cominciando dal Golem, il Doppelgänger in narrativa, fino a un racconto effimero, come lo performava Francesca Woodman e tutta la recente produzione di selfie e tik tok, con lo scarto estetico del glitch e in taluni casi del kitsch, per formare una frattura surreale che è propria di molta ricerca digitale. Portraits è un progetto che elabora dei reperti o delle statue, partendo dai luoghi e dagli archivi del Museo Salinas, però intrecciando alla significazione storica un nuovo livello narrativo, codificato dalla post-produzione.
Portraits unisce varie competenze e sensibilità, la prima quella della studiosa, archeologa, imprescindibilmente legata a un territorio, la Sicilia, che è luogo di origine ma anche di convergenza. La seconda sensibilità naturale emanazione della prima è quella documentaristica, che circoscrive lo spazio come luogo del racconto, poi portato in una ricerca più personale attraverso il medium della fotografia e dell’editoria.
Se il glitch è un errore di codice che diventa formalmente evidente (audio o video), la post produzione altera ulteriormente il campo del reale, mantenendo però un soggetto che già di per se, non è più solo statua antica ma reperto, poiché la sua dimensione storica è trascesa. In questo non tempo, espressione di un non luogo, la dimensione museale non viene più esplorata come luogo della memoria, ma riflessione e strumento ulteriore per post-produrre il presente e la realtà.
(Testo di Andrea Kantos)
NO MEMORY
I reperti archeologici sono i testimoni delle civiltà passate, portatori della memoria e della cultura materiale e immateriale prodotta dall’Uomo. Sono oggetti che contribuiscono alla ricostruzione della storia dell’umanità, del passato che ha riflessi nel presente.
Gli oggetti realizzati dalle civiltà passate non sono reperti archeologici de facto, lo diventano nel momento in cui sono sottoposti ai metodi della ricerca archeologica. Dopo il loro rinvenimento, la pulizia e la catalogazione diventano memoria del passato e per questo tutelati, conservati e anche studiati.
No memory è un progetto sviluppato tra il 2015 e gli inizi del 2018 all’interno del Museo Archeologico Salinas di Palermo, in un momento particolare nella storia del museo: da qualche anno sono in corso i lavori di ristrutturazione dell’edificio seicentesco che ospita il museo e di restauro dei reperti lì custoditi; via via che i lavori procedono, sono resi fruibili i piani del museo. I reperti che fanno parte di questo progetto sono oggetti di alcune delle collezioni antiquarie che formano il patrimonio archeologico del Museo Salinas, altri provengono da scavi effettuati in Sicilia.
In No memory i reperti archeologici sono coperti da teli, da fogli di pluriball e di carta velina che coprono interamente gli oggetti o che ne svelano appena le forme, all’interno delle cassette di plastica utilizzate durante gli scavi o nelle casse lignee, così smettono di essere espressione tangibile della nostra memoria e si fanno forma sospesa della nostra identità.
![Iole Carollo No memory](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2022/05/MG_9151-1-683x1024.jpg)
![Iole Carollo No memory](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2022/05/MG_9348-1-683x1024.jpg)
![Iole Carollo No memory](https://www.egliseart.com/wp-content/uploads/2022/05/MG_8671-1-683x1024.jpg)
I reperti sono conservati presso il Museo Archeologico “Antonino Salinas” di Palermo
Storie a vista: un progetto tra immagini e parole
“Storie a vista” è un progetto fotografico corale, nato da una prima fase sviluppata in collaborazione con il Dipartimento Culture e Società, con la prof.ssa Cristina Costanzo che ha organizzato nel 2024 una serie di workshop e incontri con artiste visive per il PRIN 2020 “FOTOTESTI. Retoriche, poetiche e aspetti cognitivi”. Ma “Storie a vista” per me è destinato a evolversi come progetto personale. Al centro di questo percorso si trova l’esplorazione del legame tra memoria, eredità e narrazione visiva, attraverso l’uso della fotografia. Ogni partecipante è stato invitato a raccontare una propria storia, scegliendo un oggetto significativo e rappresentandolo in due contesti: uno quotidiano e uno astratto. Attualmente in corso di stampa e sviluppo, il progetto si articola in due fasi: una teorica, che indaga il significato del passato e degli oggetti che lo rappresentano, e una pratica, dove le immagini vengono piegate, reinterpretate e condivise in un dialogo creativo tra fotografia e scrittura. Il risultato sarà un libro unico, in cui le fotografie e le parole si intrecciano per dar vita a narrazioni personali che diventano collettive. Questo progetto rappresenta un lavoro di ricerca continua, dove la fotografia diventa un mezzo per riconnettere il passato con il presente e per riflettere sulle storie che attraversano la nostra vita.
L’intento di “Storie a vista” è quello di creare un piccolo archivio di immagini e parole in cui l’oggetto appartenente al singolo diventa patrimonio del gruppo. Gli elementi creati durante il percorso diventeranno parte integrante di un libro autoprodotto dall’autrice.
Il progetto si sviluppa attraverso il workshop, tenuto gratuitamente, che comprende due fasi, l’una teorica (illuminare il passato attraverso l’obiettivo) e l’altra pratica (piegare, interpretare, narrare). Nella fase teorica del workshop, si analizzerà il significato dietro la conservazione e la trasmissione degli oggetti nel tempo, esplorando il legame tra memoria, eredità e narrazione visiva. Durante questo percorso, si esploreranno alcuni progetti significativi che hanno trasformato la pratica della conservazione visiva: saranno presentati esempi di archivi, sia individuali che collettivi, che hanno preservato la storia attraverso l’uso creativo di fotografie e oggetti del passato.
Ogni partecipante sarà invitato a produrre l’immagine di un oggetto significativo (mobile o immobile) dal proprio quotidiano che sia parte dell’archivio familiare, quale ricordo di chi o di ciò che non esiste più, o che abbia un significato per il singolo (il primo acquisto, un souvenir di un luogo amato, un luogo, ecc.), dovranno essere prodotte due differenti fotografie, l’una dovrà presentare l’oggetto scelto nel suo contesto, dove è conservato/preservato/custodito, l’altra dovrà presentare lo stesso decontestualizzato. Successivamente, le immagini saranno piegate in modo creativo e riposte in una scatola. Ogni partecipante sceglierà poi un’immagine a caso dalla scatola, la descriverà e, una volta restituita al proprietario, quest’ultimo spiegherà il motivo della scelta e rifletterà sul processo di piegatura.